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martedì 3 agosto 2010

Uscocchi

[...]Dentro i covi degli Uscocchi
sta la bora e ci dà posa.

Abbiam Cherso per mezzana,

abbiam Veglia per isposa,

e la parentela ossosa

tutta a nozze di corsaro.


EIA, mirto del Quarnaro!


Alalà! [...]


(Gabriele D'Annuzio - La Canzone del Quarnaro)




Gli uscocchi (in lingua croata uskoci) erano una popolazione costituita prevalentemente da cristiani di origine bosniaca riversatisi sulle coste del Mare Adriatico per sfuggire all’avanzata dei turchi. Inizialmente famosi per le loro operazioni di feroce guerriglia contro i turchi, risolsero poi di dedicarsi alla pirateria: dal loro quartier generale a Segna, presso Quarnaro, organizzarono veloci spedizioni di saccheggio sia contro le rotte turche che contro la Repubblica di Venezia.

Capaci di garantire una feroce fanteria di mare, gli uscocchi erano spesso assoldati come mercenari sulle navi da guerra del tardo XVI secolo: diversi uscocchi prestarono, per esempio, servizio tra le navi della Lega Santa durante la Battaglia di Lepanto (1571).

In croato, uskok significa “colui che assalta”. Il nome testimonia quindi in modo diretto e tangibile il carattere bellicoso degli Uscocchi e la loro predilezione per la guerra di corsa e le tattiche della guerriglia.

I primi ranghi del popolo che sarebbe divenuto poi noto come Uscocchi vennero formati da Croati e Serbi in fuga dall’avanzata degli ottomani del sultano Bayezid II nei Balcani.

Un primo nucleo di guerrieri uscocchi, capitanati da Petar Kružić, si trincerarono nella fortezza di Clissa per sbarrare ai turchi la strada che dall’entroterra bosniaco portava alle coste croate. Bisognosi di appoggio, gli uscocchi, come il resto dei croati, accettarono il sovra-regno dell’Austria, riconoscendo Ferdinando I d’Asburgo come loro sovrano (1 gennaio 1527) in cambio di aiuti contro le forze di Istanbul.

Alla morte di Kružić, i suoi uomini risolsero di arrendersi ai turchi per avere salva la vita. Abbandonata Clissa (12 marzo 1537), gli uscocchi si spostarono a Segna, sulla costa croata, una roccaforte circondata da montagne, foreste e da cale anguste navigabili solo con piccole imbarcazioni. Mentre i turchi organizzavano un proprio corpo di guerriglieri slavi da opporre agli uscocchi (i Martelossi di origine serbo-valacca), questi ultimi risolsero di dedicarsi alla pirateria per ottenere di che sostentarsi. Fu in questo periodo che gli uscocchi si mescolarono a bande di fuorilegge croati provenienti dalle vicine località di Novi Vinodolski e Otočac completando il loro processo di formazione.

A partire dal 1540 la questione degli uscocchi assurse all’interesse della cronaca internazionale. I saccheggi perpetrati dai pirati bosniaco-croati iniziarono infatti ad infastidire non solo i turchi, iniziali bersagli delle loro lotte, ma un po’ tutte le grandi potenze che commerciavano nel Mediterraneo: per prima Venezia ma anche il Regno di Napoli, il Regno di Spagna e lo Stato Pontificio.

Nel 1540 Venezia iniziò a fornire una scorta armata ai mercantili turchi in viaggio nell’Adriatico. La risposta degli uscocchi all’intromissione veneta nel loro “terreno di caccia” fu il saccheggio delle isole croate controllate dai veneziani: Veglia, Arbe e Pago. Decisa a chiudere la questione in modo rapido, la Serenissima chiuse l’aiuto dell’Austria, nominalmente sovrana degli uscocchi, ma parve subito chiaro che gli Asburgo non erano intenzionati a rinunciare al prezioso appoggio dei pirati adriatici per la lotta contro la Sublime Porta.

Nel 1577 Venezia intensificò le sue operazioni di polizia nell’Adriatico: nuove ciurme di fanteria, reclutate in Albania, sostituirono gli equipaggi originari della Dalmazia.

Nel 1592 un esercito turco al comando di Telli Hasan Pasha attaccò la Croazia, saccheggiando e distruggendo diversi insediamenti uscocchi. L’esito della Battaglia di Sisak, che segnò l’inizio della Lunga Guerra voluta dall’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, allontanò però rapidamente dagli uscocchi le ire del sultano Murad II. A non dimenticarsi dei pirati adriatici fu però Venezia che sfruttò le distrazioni balcaniche dell’imperatore Rodolfo per conquistare Trieste e Fiume: gli uscocchi furono costretti a negoziare un accordo con la Serenissima mentre delle fortificazioni controllate dai veneti venivano erette per collegare Segna al mare aperto.

Nel 1615 le azioni degli uscocchi furono il pretesto per lo scoppio della Guerra di Gradisca (1616-1617) tra Venezia e l’Austria , finché, con la vittoria veneziana, i pirati adriatici parvero essere stati definitivamente annientati. Per effetto della Pace di Madrid stipulata nel 1617 le famiglie superstiti degli uscocchi vennero trasferite nell’interno (vicino a Karlovac e nei cosiddetti “Monti degli Uscocchi”), vicino al confine tra la Croazia e la Carniola e le loro navi bruciate.

In realtà, gli uscocchi sopravvissero e ripresero le loro attività piratesche, finendo con il causare un nuovo conflitto tra l’Austria e Venezia nel 1707.

Il ricordo degli Uscocchi sopravvive in molte manifestazioni di cultura popolare dell’Adriatico orientale. Un tipico esempio lo si poteva osservare di frequente fino a non molti anni fa al Villaggio del Pescatore, nel comune di Duino Aurisina (TS), area sensibile alle invasioni dei corsari durante tutto il XVI secolo: nelle notti più serene, al sorgere di Betelgeuse, si esorcizzava l’arrivo dei pirati (evidentemente artefici di una notevole razzia proprio in concomitanza col sorgere dell’astro di Orione) accendendo quattro grandi torce, che venivano portate per le strade del paese urlando proprio il nome dei corsari di Segna. Come molte tradizioni popolari anche questa è andata in disuso; tuttavia ancora oggi è possibile sentire urlare il nome degli Uscocchi in sporadiche occasioni, anche se le luci delle torce sono state sostituite da quelle dei fari delle automobili o delle pile elettriche.

Durante l’impresa di Fiume, Gabriele D’Annunzio inquadrò alcuni dei suoi uomini in veloci unità navali. Esse garantivano rifornimenti ai legionari di Ronchi (poi Ronchi dei Legionari) con azioni di razzia verso il naviglio straniero che incappava nelle loro incursioni. La fine cultura adriatica, vanto di D’Annunzio, battezzò anche questi uomini uscocchi, in ossequio ad una continuità ideale con i romantici corsari d’altri tempi.


Fonte: NADIR TERNI



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