Sfida

La mia foto
Italy
Rivista on line di Azione Universitaria

mercoledì 22 settembre 2010

Satira

Letture


In questo saggio si colgono le varie sfumature dell'impresa dannunziana, che vanno dall'irredentismo, all'arditismo, passando per i movimenti culturali e arrivando al suo ultimo atto che è la carta del Carnaro. Assieme a d'Annunzio troviamo altri personaggi che diedero vita a quello che può essere definito un esperimento politico-sociale di dirompente novità. Su tutti Guido Keller, - raffigurato nella bella copertina di Tanino Liberatore a fianco del Comandante-, impavido aviatore, guascone, antesignano dell'antipolitica con il suo lancio del pitale su Montecitorio ben prima della mongolfiera di Grillo.


Satira - Gianfranco Fini

CORSI E RICORSI STORICI

Dedalo 2006: Shakira la nostra colonna sonora!





Intervista ad un goliarda: il professor Caucci si confessa ad Azione Universitaria

Pubblichiamo di seguito un bell'articolo di una militante di Au Firenze. Articolo inerente una tradizione universitaria antica ma ancora, in parte, sentita: la Goliardia.


Nord
-------------------------------------
Il primo giorno del primo anno universitario, alcuni studenti di giurisprudenza vivono un’esperienza esilarante. Nell’aula magna, gremita di ragazzi spaesati, dove si dovrebbe tenere la temuta lezione di diritto privato del prof. Collura, un personaggio apparentemente normale, prende la parola al microfono della cattedra. Dopo circa dieci minuti in cui tutti credono di avere di fronte il prof. Collura e nello stesso tempo si chiedono che cosa stia blaterando, dato che pronuncia frasi senza una logica legata al diritto, il personaggio in questione confessa di essere un goliarda. Spuntano accanto a lui i suoi fratelli goliardi, con la feluca e il mantello, e si prendono beffe delle povere matricole sedute nei banchi che, ancora una volta, anno dopo anno, cascano nella loro goliardata. Alla fine, però, lanciano un messaggio: “Ragazzi, noi siamo dei goliardi e siamo venuti a dirvi che all’università non c’è solo lo studio ma c’è soprattutto il divertimento!”. Del primo giorno del primo anno universitario, questa frase è l’unica che rimane impressa a tutti. Ma questi goliardi, chi sono? Azione Universitaria, nella volontà di far conoscere la propria storia e nella convinzione che dietro ad ogni simbolo, ogni gesto, ogni motto o canzone che la contraddistingue dalle altre rappresentanze studentesche, ci sia una spiegazione legata ad una tradizione, ha deciso di intervistare un goliarda. A partire dai GUF, Gruppi Universitari Fascisti, infatti, e poi in relazione al FUAN, Fronte Universitario di Azione Nazionale, la feluca, cappello goliardico, diventa simbolo delle rappresentanze della destra studentesca. Oggi, invece, le due cose sono distinte e separate. Capiamo il perché dell’uso della feluca, oggi, nel simbolo di Azione Universitaria. Parliamo della goliardia con il Professor Jacopo Caucci, docente di spagnolo alla facoltà di economia e commercio. Il professore si presenta come sempre in giacca e cravatta, molto elegante ma anche disponibile a prendere un caffè con noi, e così ci racconta la sua esperienza da goliarda.

AU: Professor Caucci, noi la intervistiamo perché sappiamo che lei fa parte della goliardia…

Prof. Caucci: Sì, è vero.

AU: A che età è entrato a far parte della goliardia?

Prof. Caucci: A 18 anni.

AU: E quali sono le motivazioni per cui un ragazzo diventa un goliarda? (il professore ride) O meglio, goliarda si nasce o si diventa?

Prof. Caucci: No, goliardi si nasce… perché lo spirito è quello che conta!... e poi si ci diventa perché in goliardia si entra attraverso un’iniziazione che noi chiamiamo “processo”.

AU: So che il processo è molto pesante per le matricole…

Prof. Caucci: Sì, per le aspiranti matricole… perché matricole si diventa dopo aver subito un processo. Ovviamente è pesante per quello che è comunque un gioco quindi la persona processata è sicuramente offesa e insultata ma tutto ciò come tentativo di trasgredire e dissacrare, mai per offendere realmente la persona.

AU: Quindi una persona che non sa stare al gioco, potrebbe prenderla male?

Prof. Caucci: Sì, ed è successo che molti magari si siano avvicinati a noi e poi non siano entrati ma che siano comunque rimasti nostri amici. La differenza tra una persona che è un amico/conoscente e quello che siamo noi è che noi ci riteniamo “fratelli in goliardia” perché c’è un vincolo che ci lega ed è quello dato proprio dal processo, dai colori, dall’ordine, dall’appartenenza alla città… [...]


E qui finisce la prima parte di questa bella intervista. A breve la II puntata!

Nord

Università, Azione Universitaria (PdL): Commissariare Atenei che boicottano l’inizio delle lezioni, gli studenti non paghino rette



“Le lezioni sono un diritto, bloccarle è un delitto” è lo slogan con il quale Azione Universitaria ha iniziato la propria battaglia contro chi vuole difendere la poltrona sulla pelle degli studenti e dei ricercatori.

“Da Macerata, Ferrara, Siena, Roma Sapienza e Tor Vergata parte la controffensiva degli studenti universitari sui quali incombe la minaccia di boicottaggio delle lezioni. Agli studenti che saranno privati del diritto di seguire le lezioni diciamo di non pagare le rette, al Ministro Gelmini chiediamo di intervenire con il Commissariamento nei confronti di quei Rettori che permetteranno il calpestamento del Diritto allo Studio, ai professori che vorranno boicottare esami e lezioni che dovranno vedersela direttamente con gli studenti”. È quanto dichiara Andrea Volpi, nuovo Coordinatore Nazionale di Azione Universitaria.

“È inaccettabile – continua Volpi – che una minoranza di baroni possa anche solo pensare di interrompere il regolare svolgimento dell’attività didattica nelle Università italiane. Come il cittadino che paga le tasse ha diritto di ricevere servizi idonei così lo studente che paga le salatissime rette universitarie e l’affitto per un posto letto ha diritto a frequentare le lezioni ed a sostenere gli esami. La violenza messa in atto dagli irriducibili della casta è un atto grave, vergognoso e incivile da combattere per ripristinare la legalità e riaffermare il diritto allo studio: per questo saremo in campo insieme agli studenti, con ogni mezzo, per liberare l’Università dalle zavorre del Paese, ovvero da quei docenti e ricercatori traffichini ed assenteisti che, nella maggior parte dei casi, non sono mai a lezione o a ricevimento, venendo meno ai propri doveri” .

“I ricercatori sbagliavano ieri a prostituirsi al Barone di turno che li sfruttava per sostituirlo a lezione ed a ricevimento, sbagliano oggi a non comprendere la necessità di una Riforma che li qualifica come figure importanti per lo sviluppo della Ricerca e della Nazione”.

Andrea Volpi

Coordinatore Nazionale Azione Universitaria





Lo striscione affisso dai militanti di Azione Universitaria Firenze
al Polo Scienze Sociali di Novoli

sabato 18 settembre 2010

OMICIDI. NON "MORTI BIANCHE" - di Piero Sansonetti

Per chi non lo conoscesse Piero Sansonetti è il direttore degli "Altri", foglio di sinistra duramente contestato dalla sinistra stessa. Ha tradizioni comuniste, quindi non in linea con le nostre ma, nel caso delle morti sul lavoro, inconcepibili in un paese che si attesta a V potenza industriale nel Mondo, possiamo dire di trovarci in accordo con lui.

Nord
--------------------------------------------------------------------------------

«Amò quella volta come se fosse l'ultima / Diede un bacio alla sua donna come se fosse l'ultimo / E ad ognuno dei suoi figli come se fosse l'unico / E attraversò la via con il suo passo timido / Salì sulla impalcatura come se fosse macchina / Costruì sul solaio quattro pareti solide / Mattone su mattone in un disegno magico / I suoi occhi imbottiti di cemento e lacrime / Sedette a riposare come se fosse sabato / Mangiò riso e fagioli come se fosse un principe / Bevve e ebbe il singhiozzo come se fosse un naufrago

Danzò e rise come se ascoltasse musica / E inciampò nel cielo come se fosse ebbro /

E fluttuò nell'aria come se fosse un passero / E finì per terra come un sacco flaccido / Agonizzò nel mezzo del marciapiede pubblico / Morì contromano intralciando il traffico.»


Sono i versi (tradotti) di una canzone, che io trovo bellissima. E' una canzone di Chico Buarque de Hollanda, cantautore brasiliano. In Italia la cantò qualche volta Ornella Vanoni. Chico Buarque e Ornella Vanoni sono stati (e sono) due artisti famosissimi, nei loro paesi e fuori. La canzone della quale vi stiamo parlando è molto, molto meno famosa. E' del 1971, ma non fu mai trasmessa dalle radio ufficiali. Né in Italia né in Brasile. Piaceva poco. E' sempre piaciuta poco, ai governi, la denuncia degli omicidi sul lavoro. Nel 1971 in Brasile c'era il fascismo. Era al potere una giunta militare guidata dal generale Emílio Garrastazu Médici. In Italia invece c'era un governo largamente democratico, guidato da Emilio Colombo, leader tra i più pacifici e liberali della Democrazia Cristiana (oggi, ultranovantenne, vive tranquillo nella sua Lucania e fa il tifo per il partito democratico). Eppure di fronte alle morti sul lavoro non c'era molta differenza tra un regime illiberale e feroce come quello brasiliano e la placida Dc.

Nel 2010 - quarant'anni dopo quella canzone – le morti sul lavoro sono diminuite, sia in Italia che in Brasile. Ma le cifre che riguardano questa strage sono ancora altissime. L'Inail sostiene che nel 2009 i morti sul lavoro in Italia sono scesi del 3 o 4 per cento sull'anno precedente, attestandosi sulla cifra di 1050. Che in ogni caso vuol dire, in media, quasi tre morti al giorno. Ai morti poi si aggiungono i feriti, una parte dei quali resta invalida ed ha la vita spezzata: sono diverse centinaia di migliaia. Più di mille al giorno. L'Inail è l'ente di stato preposto all'assistenza dei lavoratori che si infortunano o perdono la vita. Molti sindacalisti sostengono che le cifre reali della strage sul lavoro sono molto più drammatiche.

L'Italia, tra i paesi europei, è ai primi posti nella classifica della mortalità sul lavoro. In media ci sono 2,5 morti ogni 100 mila occupati. A questa statistica sfugge tutto il comparto del lavoro nero, che in Italia è molto più grande rispetto ad altri paesi europei. La media europea dei morti sul lavoro è di 2,1 ogni centomila occupati. Ma i paesi più moderni, come ad esempio la Germania e la Gran Bretagna, hanno una media che oscilla tra l'1,3 e l'1,5. Poco più della metà, rispetto all'Italia.

Quello che colpisce è la sproporzione tra le cifre e la “percezione?del problema, come si dice nei nuovi linguaggi sociologico-politici. Vediamo come stanno le cose.

Dovete sapere che ci sono alcuni leader della lotta contro le “morti bianche?, come per esempio Marco Bazzoni (operaio metalmeccanico toscano che ha dedicato la sua vita intera a questa battaglia) i quali chiedono a gran voce ai giornalisti di non usare più il termine "morti bianche". Dicono: "morti bianche" è una espressione che accredita la casualità dell'incidente. E infatti spesso si dice: "incidente sul lavoro". Non è così: la stragrande maggioranza degli incidenti non sono affatto incidentali: sono omicidi. Quantomeno omicidi preterintenzionali. Nel senso che dipendono dalla assenza di misure di sicurezza. E questa assenza è decisa, consapevolmente, dal datore di lavoro, il quale in questo modo risparmia, cioè riduce il costo del lavoro. Dice Bazzoni: «Per piacere, chiamateli omicidi».

Ecco, appunto, chiamiamoli omicidi, e torniamo all'affare della percezione. Se li equipariamo agli altri omicidi (quelli per mafia, quelli per piccola delinquenza, quelli familiari) scopriamo che gli omicidi sul lavoro sono - come categoria di omicidio – non solo al primissimo posto, ma sono più del doppio di tutti gli altri omicidi. Addirittura – se mettiamo tra parentesi gli omicidi familiari – gli omicidi sul lavoro sono quattro volte la somma di tutti gli altri omicidi messi insieme , cioè quelli sui quali ogni volta giornali, partiti, governi, costruiscono le grandi campagne di opinione pubblica sulla cosiddetta "sicurezza". E per combattere gli omicidi di "mala" si impegnano circa 350 mila persone (tra carabinieri, poliziotti, finanzieri eccetera) e in più si propone l'istituzione di milizie private; mentre per combattere gli omicidi sul lavoro (che sono quattro volte di più) si impegnano circa 900 ispettori del lavoro, i quali per altro sono privi di strumenti, di tecnologie, di automobili, di poteri, eccetera.

Capite cosa intendo dire quando uso la parola "sproporzione"?

A cosa è dovuta questa sproporzione? A un fattore semplicissimo: l'interesse del sistema economico e di chi lo domina. Oppure potrei addirittura riassumere tutto con una sola parola: mercato. E' il mercato che impone la riduzione del costo del lavoro, e spesso, per ridurre il costo del lavoro, la via più semplice è ridurre la sicurezza. Il mercato stabilisce che c'è un limite sopportabile di morti sul lavoro, che questo limite, in Italia, è 3 al giorno, ed è giusto che sia un po' sopra il limite tedesco e britannico (che è di 2 al giorno) perché in Germania e Gran Bretagna ci sono altri sistemi per migliorare i profitti. Il regime di libera concorrenza prevede questo equilibrio. Guai a romperlo.

Come si risolve il problema? C'è un solo modo: chiedendo alla Stato di intervenire. Il futuro di una civiltà come la nostra sarà solido solo se riusciremo a compere questa operazione: fortissima riduzione della presenza dello Stato in ogni settore della vita civile, tranne uno: il lavoro, i rapporti di lavoro, la costruzione del reddito. Si tratta di modificare la ricetta del passato, che era: libertà economica grande, libertà personale piccola. Anzi, di rovesciarla. E' la sola via di salvezza non solo per la nostra civiltà, ma per lo stesso capitalismo.


Fonte: http://www.centrostudinadir.tk/